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Meolo nei primi del Novecento

50 anni di storia

a cura di Oliviero Pillon

 Il movimento cooperativistico è parte originale e significativa della storia di Meolo e della sua Comunità. 

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Negli anni ’20 del secolo scorso, quando anche Meolo conobbe le conseguenze devastanti e dirette della guerra con i suoi morti; il pesante bilancio di distruzione e spogliazione delle “terre liberate”; il dramma della disoccupazione, soprattutto quella bracciantile; il tracollo di tutto un sistema economico e dello stesso tessuto sociale che espresse una fase tormentata, e del tutto nuova, di tensioni e scontri, fu costituita la “Cooperativa dei Braccianti e degli Sterratori di Meolo”. Essa fece proprio e visse lo spirito originario della cooperazione che si fondava sulla libera associazione di persone che volevano lavorare assieme, senza vincoli di subordinazione l’uno con l’altro, ma tutti padroni del proprio lavoro e della propria impresa. Per più di un ventennio la “Cooperativa dei Braccianti e degli Sterratori” fu per Meolo fonte ed organizzazione di lavoro e, nello stesso tempo, occasione per avviare, allora, il definitivo riscatto umano di chi, e non solo a causa della guerra, aveva sempre pagato costi sociali altissimi.

 

L’attività della Cooperativa si caratterizzò quasi esclusivamente per i suoi lavori nelle grandi opere di bonifica cui fu interessata gran parte del Veneto orientale negli anni ’30 dello scorso secolo. Sua emanazione fu (forse) anche la “Società Anonima Cooperativa Edile di Meolo” che tentò, attorno agli stessi anni, la partecipazione alla ricostruzione del patrimonio edilizio distrutto e devastato dalla guerra. Ebbe però vita breve e sfortunate esperienze. C’è una foto (1922) della riscostruzione della chiesa di Losson ove, tra le impalcature, primeggia la scritta “Cooperativa Edile di Meolo”. È l’unica sua testimonianza oltre a quella, raccontatami, di un appalto andato a finire male con gravissime conseguenze per la “perdita di molto denaro” e la distruzione di tutti i contratti definiti (la documentazione relativa era stata depositata a Venezia, presso la federazione socialista che fu devastata da una incursione di fascisti) compreso “quello con il governo francese per un lavoro nei pressi di Parigi, per il quale era stata versata la cauzione di 30.000 Lire, recuperata solo qualche anno dopo per la comprensione e l’onestà dei Francesi”. Infine, la “Cooperativa dei Braccianti e degli Sterratori” si sciolse qualche anno prima della fine della seconda guerra mondiale. Il secondo Dopoguerra Poi, quasi per una straordinaria analogia e ancora dopo una guerra, Meolo visse, e soprattutto tra il 1950 e il 1960, una nuova stagione di profondi cambiamenti sociali ed economici.

Molti Meolesi, quasi un migliaio. emigrarono in Piemonte e in Lombardia, ma anche a Porto Marghera; il vecchio mondo contadino scomparve, anche come testimonianza culturale: gli addetti nel settore agricolo che rappresentavano, nel 1951, il 68,5% della popolazione attiva del nostro Comune, divennero, dieci anni più tardi, il 36%; si smembrarono le grandi famiglie patriarcali e moltissimi abbandonarono il lavoro dei campi: così, anche Meolo funzionò come “serbatoio” di manodopera utile alle nuove realtà produttive ed industriali di un Paese che stava profondamente cambiando. Ma questo è anche il periodo in cui Meolo comincia a cambiare immagine e struttura urbana, vivendo una sorta di ricostruzione e di rinascita.  

L’arte muraria a Meolo A Meolo, negli anni ’30 dello scorso secolo, esistevano ed operavano due imprese edili: una, di Zorzenoni Attilio e l’altra di Lucchetta Gerolamo cui subentrò il figlio Cirillo, alla cui scuola molti Meolesi appresero il mestiere di muratore, compresi anche molti dei soci della Cooperativa. E Lucchetta Cirillo fu, per diversi anni, anche il consulente tecnico della Cooperativa appena fondata. L'”arte muraria” fu poi ulteriormente coltivata, nell’immediato dopoguerra, grazie anche a quella straordinaria ed irripetibile esperienza della Università Popolare, promossa e diretta dal maestro Francioni Manlio. Collaboratori della Università Popolare, quali insegnanti tecnico-pratici furono, tra gli altri, i soci fondatori della nostra Cooperativa: Stefani Luigi, Fattori Giuseppe Luigi e Buso Giovanni (più tardi, anch’egli socio della Meolese). Da questa Università, uscì formata ed addestrata quasi una intera generazione di carpentieri, falegnami, muratori e meccanici che trovò lavoro e giusto collocamento, contribuendo alla rinascita del nostro paese. Gli anni ’50 I primi anni di vita della “Meolese” coincidono, tra l’altro, con il più significativo e radicale intervento pubblico di modifica del centro storico di Meolo: la nuova Piazza (1954-1955).

È così demolito il secolare Ponte dei carri e chiuso un tratto del Meolo. La “Meolese” si aggiudica una parte dei lavori e questo è il suo primo appalto di un’opera pubblica. Allora, era sindaco il Cav. Arturo Benedetti e don Cesare Pellizzari era parroco di Meolo da pochi anni, coadiuvato da don Massimiliano Minato. Fulvio Roiter fotografava, per delle originali cartoline di Meolo, la nuova piazza ed era già famoso. Intanto, Meolo stava cambiando e dimostrava una straordinaria vitalità economica e sociale. In quegli anni, l’AC “La Rondine” militava nel campionato di promozione, anticamera della serie “C”. Il gruppo atletico della “Junior Meolo” primeggiava, a livello provinciale, in diverse specialità; addirittura, la sua staffetta 4×100 si classificò al 3° posto nei campionati nazionali C.S.I. di Cagliari (1954). Si andava a teatro all’aperto, per rappresentazioni importanti, interpretate da giovani attori meolesi; ritornarono a sfilare i carri mascherati; il mercato si teneva anche di domenica, oltre che di mercoledì. La nuova piazza era ancora il luogo di incontro e di aggregazione sociale. Sul suo lato opposto, lungo la Riviera XVIII giugno, venne eretto un capitello dedicato alla Madonna (16.01.1955), benedetto ed inaugurato dal Nunzio Apostolico, Arcivescovo A. Bruniera, già cappellano a Meolo. Nel maggio del 1956, era posta la prima pietra delle nuove Scuole Elementari (l’ultima parte dell’edificio fu costruito dalla “Meolese”) e, un mese più tardi, quella della Cantina Sociale. Il X° Censimento generale (1961) attestava, rispetto a dieci anni prima, la perdita, per emigrazione, di 906 Meolesi e 4602 abitanti e residenti a Meolo. Negli anni successivi, la Meolo che conosciamo prende la forma che, per tanti aspetti, la distingue tutt’ora: sono realizzati un nuovo assetto urbano e nuove infrastrutture, con tutti quei nuclei importanti di un tessuto culturale, religioso e sociale che definiscono e determinano gran parte dello spirito della nostra Comunità. In tanti e significativi momenti di questo percorso, c’è l’opera, la testimonianza ed il segno della “Meolese”.

 

La Meolese amplia progressivamente le proprie attività e comincia a caratterizzarsi come una delle più qualificate imprese edili del territorio e della nostra Provincia. Consolida la propria struttura sociale ed organizzativa, partecipando attivamente, come impresa, alla ricostruzione di Meolo. (…) Il presente della “Meolese”, che poi è storia appena vissuta e, nello stesso tempo, futuro da pensare e costruire costantemente, giorno dopo giorno, è affidato ai nuovi soci e alla loro operosa vitalità imprenditoriale.  

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